NOI! DESIDERI LIBERI
Sperimentazioni territoriali di prevenzione di nuove dipendenze giovanili (cyberdipendenza e ludopatia)

Durata: 12 mesi, Giugno 2016 – Maggio 2017

Ambito: prevenzione alle cyberdipendenze e ludopatia (on line)

Numero destinatari per sede, presso ciascuna sede si prevede di lavorare con 2 gruppi così definiti:
– adulti: 10
– adolescenti:12 (numero minimo, se una sede riesce potranno essere anche di più)

Sedi CGS coinvolte (Club Amici del Cinema- Genova, Flash – Livorno, Mario Serafin – Selargius, Miaramandeha- Pedara, Parrocchia Testaccio di Roma)

L’idea:

Le 3 parole poste  nel titolo (o nel sottotitolo) sono ricche di significato e  contengono esattamente alcuni degli  obiettivi che si vogliono perseguire con il presente progetto. Consideriamo lo scenario nel quale intendiamo agire costituito da adolescenti e giovani in interazione con adulti che hanno ruoli educativi e che questi spazi siano frequentati dai medesimi giovani ad alta intensità temporale oppure  per  breve durata. Diciamo che ci stiamo rivolgendo a una fascia molto vasta di popolazione giovanile, portatrice di condizioni mista di agio e di disagio a partire dalle condizioni socio-culturali di origine. Tali condizioni, evocative di territori molto diversi tra loro rappresenta una ricchezza ai nostri fini e non solo una complessità. Descriviamo dunque le 3 parole o assi del progetto:

Noi. Una azione di prevenzione a comportamenti di dipendenza, unita ad una  azione di promozione di benessere interpella  a vario livello tanto gli adulti e quanto i ragazzi. E’ ormai noto in letteratura e vi sono diversi studi sperimentali al riguardo che non è efficace una azione educativa che corregga comportamenti devianti verso eventuali destinatari a prescindere da una riflessione comune di adulti e giovani insieme, sulla base di un comune senso. E’ il tema della testimonianza, della coerenza, della possibilità di costruire e ri-costruire dialogo tra le parti gioco. “Noi” significa che si deve perseguire la costruzione di legami tra giovani e adulti,e per far questo il primo movimento è una assunzione di ruolo corretto da parte della comunità adulta. Spesso costoro si sentono scoraggiati, inadeguati e ciò diventa motivo di separazione su temi generali ma ancora di più su argomenti critici quali le dipendenze, leggere o elevate, utilizzo di risorse economiche e non, utilizzo del tempo per contribuire alla costruzione del bene comune e non solo di una propria realizzazione individuale. Noi affermiamo che la dipendenza giunge là dove vi è un vuoto educativo e al contempo la gravità di gruppi di giovani in situazione di disagio è un degrado del capitale sociale complessivo, quindi un elemento che interpella la comunità intera. Condividere questa visione è un primo obiettivo e nel concreto ci porta a ideare una serie di interventi che in sintesi richiamiamo con queste parole: formazione formatori, focus group a composizione mista  tra adulti quali educatori, genitori, insegnanti; il seguito di questa azione porta alla creazione di  gruppi di confronto con  giovani da realizzare con modalità  attive nella formazione. Ciò che conta non è tanto la quantità di messaggi o i prodotti realizzati quanto la costruzione di un ambiente orizzontale, simmetrico dove gli esperti non trasferiscono( in modo a-simmetrico)  prescrizioni o buoni consigli senza mettersi in gioco ma favoriscono una comunità del noi, nella quale sono evidenti legami tra le generazioni piccoli o grandi che siano. (Intorno alla costruzione di legami si possono immaginare diverse azioni nei vari territori valorizzando il background specifico e liberando l’immaginazione degli educatori ). Una rimozione delle dipendenze nei giovani non prescinde mai da una rimozione  delle dipendenze degli adulti che spesso hanno solo l’abilità di un maggiore mascheramento del fenomeno.

Desideri. Se la prima dimensione del progetto insiste sul livello di relazione adulto- ragazzo, questa seconda dimensione guarda ad una trama più intima e in un certo senso di introspezione del soggetto  posto al centro del progetto.Quindi il ragazzo. La categoria del desiderio si contrappone alla visione del bisogno o della carenza  che spesso caratterizza spazi e proposte educative di varia natura. E’ una categoria che esprime la forza della vita di ogni individuo ed ancora più di una ragazza o ragazzo in età adolescente,  che sollecita termini quali “empowerment“ o  in altri contesti  culturali richiama il “progetto di vita“. E’ evidente che se vogliamo rivolgerci all’insieme dei ragazzi che frequentano gli ambienti che aderiscono a SCS troveremo soggetti già orientati e soggetti con carenze.  La scommessa è stimolare il desiderio a vivere, il proprio desiderio in tutti e ancor più in coloro che sono definiti a rischio. Una abbondante letteratura è  sorta in ambiente salesiano al riguardo ( … guardare la luce in ogni ragazzo ) ma anche in altri contesti di elaborazione del pensiero pedagogico viene ora privilegiato un approccio di promozione e di stimolo delle capacità del soggetto. Si pensi alla categoria del desiderio descritta da Massimo Recalcati o dalla Pedagogia di Martha Nussbaum. La nostra scelta e la nostra opzione è per una azione che si colloca nello spazio dell’educativo e  semmai della animazione piuttosto che nello psicologico in senso stretto o nel terapeutico. A partire da questa breve riflessione intendiamo ideare strumenti e modi per favorire l’emersione del desiderio di ogni ragazzo destinatario del progetto.  Con una evidente opzione verso coloro che in prima battuta sono meno dotati e svantaggiati.  Talvolta tali soggetti hanno un patrimonio di sensibilità più accentuato di coloro che hanno avuto la fortuna di abitare spazi piu’ ricchi, una sensibilità che va solo stimolata. Ciò si sostanzia nello stimolo alla creatività e alla comunicazione della stessa. Riflessione e comunicazione emerge tanto negli ambienti offline che negli ambienti online. E’ noto che i ragazzi abitano luoghi fisici ( tra i quali i nostri ambienti ) ma abitano volentieri  anche spazi digitali ( i social network ). Un filone interessante da individuare nei vari territori è l’utilizzo dei social network e la sfida educativa è anzitutto avere consapevolezza del loro uso, ma ancor più orientare o ri-orientare il loro uso per finalità positive, quali alleati nella costruzione di legami e ambienti a valore educativo. La metodologia che sta dando maggiori risultati in questo ambito, privilegia la peer-education e una evoluta visione della media education. Si tratta cioè di passare da una fruizione degli ambienti online ti tipo passivo ( di subdola dipendenza )  ad un uso attivo. Si pensi alla creazione di web radio in un territorio, di social network  inclusivi anche dei cosiddetti “ ragazzi del muretto “ ecc.

Liberi. La terza parola rimanda al termine Libertà qui inteso non in valore assoluto o teorico,ma secondo una accezione pertinente con il tema delle dipendenze ed anche in un certo senso in  modo correlato alla  solidarietà.  Se è di uso comune intendere una “ libertà di .. fare ciò che mi pare “, non rendere conto a nessuno,  qui si tratta di stimolare un  “potere essere liberi da.. chi mi forza o costringe”. E’ il valore della capacità di scegliere( free will), di dare un senso alle proprie azioni  valutando il rischio per se’ e anche per gli altri. Le narrazioni di giovani che hanno vissuto periodi di dipendenza contengono distorsioni proprio di questo termine (la libertà), un individualismo esasperato che  porta peraltro  a non avere nessuno a cui chiedere aiuto quando ci si trova in difficoltà, ad essere esclusi.  La dipendenza si spiega anche come categoria di una relazione morbosa, esclusiva con un oggetto che colma un vuoto di relazione. Questo oggetto colma magicamente  il vuoto e imbriglia la persona. L’oggetto può essere una sostanza psicoattiva, il gioco d’azzardo, i soldi, il sesso mercificato, una relazione malata con il cibo. Per perseguire questo valore e favorire una popolazione giovanile libera abbiamo immaginato azioni di solidarietà sociale nel territorio. Portare i giovani a conoscere le sofferenze di talune fasce di persone, ascoltare le loro storie, agire per alleviare le sofferenze altrui è il maggiore antidoto all’individualismo, aiuta a decentrarsi. Qui pensiamo ad azioni quali il volontariato sociale rivolto ad anziani soli, stranieri non accolti, minori disagiati. Anche questo obiettivo che forse è il più ambizioso non si persegue con azioni a-simmetriche quali lezioni di esperti, conferenze, campagne di comunicazione ma attraverso la mobilitazione dei soggetti stesso. Facendo insieme si scopre e si costruisce una dimensione di“libertà da”  che tende ad una “libertà per “. In sostanza se sono occupato a migliorare il mondo mio e degli altri non posso permettermi di finire alle dipendenze di altro da me e tanto meno di una soggetto materiale sostanza o moneta  che sia. Qui si immaginano azioni concrete volte a fare esperienza di libertà e di ascolto e rimozione  delle non–libertà. Volti ad agire ( insieme giovani e adulti ) per liberare altri si capisce tanto  come si viene esclusi, quali sono le trappole, le volontà nascoste e ci si orienta verso un mondo libero per tutti.

 

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